Storie inedite di una corsa nata adulta

di Giorgio Bicocchi

I duelli tra Guglielmetti e Rosati. Gli spunti di campioni giovani che il Liberazione ha lanciato. Bugno e le istantanee del trionfo. La telefonata di Petersen in Danimarca. Il ricordo di Konychev, altro vincitore nobile della corsa di Caracalla. Il giorno del povero Halupczok. La Primavera Ciclistica ha battezzato vincitori che, talvolta, hanno poi sbancato il Mondiale. Le visite alla carovana di Masciarelli, un altro che nel Liberazione ha lasciato uno spicchio di cuore. Aneddoti di una corsa antica che non perde la sua identità. E che commuove sempre i campioni che a Caracalla si sono sentiti immortali

Chiamatele, se volete, emozioni. Quelle che provò, ad esempio, ventitré anni fa, Gianni Bugno, raffigurato in tante foto dell’epoca primo a Caracalla, il Liberazione in tasca, prologo di una carriera da bi-campione del mondo. Dicono i suoi amici che l’effige del suo trionfo a Caracalla abbia campeggiato per anni nella stanza dei suoi trionfi, a casa sua, in Brianza.

Il Liberazione è questo. Corsa magica, solenne. Insuperabile per le emozioni, i palpiti che annualmente regala. Corsa portafortuna, in taluni casi. Il danese Petersen tagliò il traguardo dell'edizione del '94. Si cambiò, indossò una tuta, si fece dare il telefono e chiamò casa, in Danimarca. Il suo direttore sportivo – un amico della nostra carovana, il saggio Marcussen – intanto rivelava ai cronisti la storia del vincitore di quel Liberazione, le sue abitudini lontano dalla sella, i suoi precedenti. E lui, Petersen, chiamando casa confidava il suo sogno. Realizzato, non piu’ solo vagheggiato: «Pensate – raccontava ad amici e parenti – ho vinto a pochi metri dal Colosseo, vicino ai Fori, alle Terme di Caracalla. Chissà che non sia un presagio».

Già, portiamo anche fortuna. Alex Petersen, quattro mesi dopo il fortunato squillo al Liberazione, vinse pure il Mondiale di Sicilia. Come se il trionfo al Liberazione lo avesse consegnato a nuova vita. Bugno, Petersen e non solo, peraltro.

Parlate pure con Dimitri Konychev, un altro che il Liberazione festeggiò, anni fa. Vinse a Caracalla e poi un paio di tappe del Giro delle Regioni. Conoscete la sua storia, possedeva cromosomi da campione. Lo dimostrò anche tra i professionisti, anche se ad intermittenza, perché i cali repentini di concentrazione si rivelarono una bella zavorra per la sua carriera. Fu Primo Franchini, allora direttore sportivo dell'Alfa Lum, a lanciarlo nel mondo dorato dei professionisti e lui, Dimitri, russo dalla faccia furba, ripeteva spesso proprio a Franchini che sì, al Liberazione, aveva provato una delle più grandi gioie della sua carriera.

Già, qui, vicino a noi, sulle nostre strade, al Liberazione, abbiamo battezzato giovani campioni. Li abbiamo corroborati nei loro sogni. Pensate al polacco Halupczok: a Caracalla visse il suo giorno da leoni prima di inchinarsi ad un destino crudele. Ebbe il tempo di sbancare il Mondiale dei dilettanti come se il successo di Caracalla gli avesse d’improvviso consegnato una carica nuova. Questo è il segreto della nostra corsa, che ormai solo gli invidiosi contestano. A distanza di anni mai il suo ricordo viene meno.

Palmiro Masciarelli vinse il Liberazione un mucchio di anni fa. L'uomo ora è un distinto signore che ha passato la mezza età e che dirige una squadra professionistica. Bene, spesso, se i suoi impegni glielo consentono, Masciarelli lascia l'Abruzzo, all’alba del 25 aprile, per raggiungere Caracalla, inseguendo il vagone dei ricordi. Cercando l’amarcord, in una stretta di mano, un abbraccio con le decine di volontari che uno dei vanti della Primavera Ciclistica - il Liberazione, seguito dal Regioni - tengono vivo.

Sono le magie di un traguardo che da oltre sessant'anni aspetta i suoi protagonisti. Battezzando, talvolta, come avete notato, carriere nobilissime. È l'insieme che regala un prodotto di altissima qualità. Un circuito nel centro di Roma, su e giù attorno alle Terme di Caracalla. Un numero di partecipanti provenienti da ogni zolla del mondo. Le riprese in diretta della televisione.

È una corsa nata adulta – quella della Primavera Ciclistica – proprio perché nell'aprile del 1946, al suo debutto, richiamò sul traguardo oltre cinquantamila persone. Il dopoguerra, case da ricostruire, strade segnate da una tragedia appena passata in archivio ma dolorosamente viva nella mente e nel cuore.

Bene, quella corsa, appena nata, richiamò le attenzioni di una città intera. Cinquantamila persone assiepate ai lati della strada, reporter mobilitati. Consultate, se potete, i grandi archivi dei quotidiani dell'epoca. Constaterete lo spazio che allora venne dedicato alla prima edizione del Liberazione, la corsa di Roma. Una corsa nata adulta, tanto fu grande il successo che la critica e l'aderenza popolare gli tributarono.

Guglielmetti e Rosati hanno passato una vita a ricordare il loro primo sprint, a Caracalla, le facce sporche, le bici pesanti perché allora – oltre mezzo secolo fa – la tecnologia era un evento lontano. Guglielmetti, il primo vincitore del Liberazione, non c'è ormai più, già da qualche anno. Di lui ci mancheranno quegli occhi vispi, il solito cappello e lo sguardo carico di ricordi. Rosati, l'anno successivo, si prese una gustosa rivincita. Tagliò per primo il traguardo di Caracalla. L'anno precedente proprio Guglielmetti lo aveva bruciato ai duecento metri, sfruttando le proprie doti di pistard. Guglielmetti ha pizzicato il rivale per una vita: «Hai vinto il Liberazione solo perché io non c'ero. Mio figlio era malato, io non mi iscrissi alla corsa, altrimenti quando avresti vinto?».

Polemiche bonarie tra due signori metropolitani, abituati da giovani a percorrere la città in sella ad una bici, senza stress. Guglielmetti custodiva nel negozio di via Veio, dietro le Mura di San Giovanni, cuore di Roma, l'album di quel giorno magico; lui, primo a Caracalla, in premio 180 lire. Il Liberazione è questo, ora si è evoluto, le bici sono futuristiche ma l’animo di chi, la mattina del 25 aprile, si appollaia sui dolci declivi del percorso, tra le Terme di Caracalla, la salita di viale Giotto e il vialone d’arrivo, è sempre quello, catturato dalla magia di una corsa che stenta davvero ad invecchiare.